• IN MANUS TUAS

    Vi darò buone notizie dal Paradiso

    Sono davvero tante, sono tante le cose che vorrei dire a tutti, sono tante! Ma una sola resta la più importante: In Manus Tuas, In Manus Tuas, In Manus Tuas! Sì, dite questo a tutti da parte mia: IN MANUS TUAS! E’ questa l’unica cosa importante: il pieno e completo abbandono alla volontà del Padre, sia quando a noi pare bella, sia quando a noi pare brutta, credere sempre che tutto è un dono squisitissimo e delicatissimo della tenerezza dell’Amore del padre per noi! In Manus Tuas, Domine, grazie Papà! E, un’altra cosa… l’ho sempre amato! Dite questo da parte mia. E un bacio nel Signore a tutti. + Salvatore Boccaccio vescovo

  • è tempo ora

    è tempo, ORA ...

    E' il tempo ora della nostra trasfigurazione... Tempo di girarci verso la Luce , perché la luce E' GIA' QUI! E' il Dio che portiamo dentro e che deve erompere dalla mia tenebra come il sole dalla notte, come il mistero erompe dalla creazione e a Pasqua rovescerà la pietra per dire che la notte è vinta per sempre! Un salmo esorta "Guardate a lui e sarete raggianti". Guardate a lui e non avrete più volti oscuri ...

  • esponiamoci alla sua luce

    esponiamoci alla Sua luce!

    E allora piantiamo la nostra tenda davanti a Cristo, esponiamoci alla Sua luce, abitiamola, godiamo di quella luce come la luna gode del sole. La luce non è nostra ma noi possiamo, come lune davanti al sole, assorbire la luce e poi irradiarla e diventare raggianti. Occhi lucenti, corpi luminoso, astri che a loro volta indicano il cammino ad altri. Così hanno fatto i discepoli, così ha fatto Maria icona splendente del nostro futuro… Padre ERMES RONCHI dei Servi di Maria.

  • Mater Misericordiae!

    Maria Madre della Tenda

    Madre di Gesù e madre nostra, prega per noi ora, affinché l’umanità si risvegli e decida veramente per la costruzione di una nuova civiltà dell’amore; Ti ascolti, Ti risponda e riponga in Te fiducia. Prega per noi, ora, affinché gli uomini si risveglino dal sonno della non vita e vengano a Te in un abbandono fiducioso per essere ricondotti a Gesù. Fa' splendere la tua luce, Madre, e mostraci la via della salvezza. Madre della Tenda, prega per noi

  • Con Chiara nei deserti della vita ...

    Con Chiara nei deserti della vita ...

    Desideriamo percorrere i ‘deserti’ del mondo e ascoltare il grido di chi non ha più voce, raccogliere il dolore di chi è disperato certi che anche le lacrime, raggiunte dal raggio dell’Amore, possono risplendere di Luce divina nel firmamento dell’eternità e trasformarsi in splendidi arcobaleni che illuminano le nostre città. Sempre Uniti nel portare la Rivoluzione del Vangelo in tutto il mondo - Chiara Amirante

  • Nella gioia del RISORTO!

    Nella gioia del RISORTO!

    L'annuncio cristiano dice: Dio si è fatto uomo, si è reso presenza umana, carnale, dentro la storia "Perché cercate tra i morti colui che è vivo?" Luca 24

  • Integer vitae nulla!

    Vorrei dirvi una cosa ...

    Non temete! Se Colui che E' da principio, non ha disdegnato questi sassi, non disprezzerà neppure i macigni del vostro povero cuore. Sappiate offrirglieli, perchè stabilisca in mezzo agli uomini il suo domicilio. E continuerà anche per il vostro SI, l'avventura della Redenzione DON TONINO BELLO...

  • Suspendisse neque tellus

    Nel deserto della mia vita, Signore ...

    hai voluto piantare la Tua tenda. Ogni giorno mi chiedo come sia possibile e nella carne risuona la Tua voce che viene a dirmi che non è opera mia. Tutto è veramente grazia, Signore, ed io voglio cantare la melodia della Tua infinta misericordia ...

  • Curabitur faucibus

    LA DIMORA DI DIO CON GLI UOMINI

    Udii allora una voce potente che usciva dal trono: «Ecco la dimora di Dio (la tenda) con gli uomini! Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno suo popolo ed egli sarà il "Dio-con-loro". E tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate» Apocalisse 21, 3-4

sabato 16 luglio 2011

IL BLOG DEL CENACOLO CAMBIA CASA ...




....
ci siamo trasferiti nel nuovo network 

"In Manus Tuas! In Manus Tuas! In Manus Tuas!...!"
Mons. Salvatore Boccaccio



La Tenda è la stessa ... Vi aspettiamo!...



mercoledì 13 luglio 2011

TRACCE 12 luglio 2011 - Piccoli passi verso la Parola della domenica ...



… dice il Salmo 85, ma satana  (il divisore!)
è spirito di contraddizione e ribatte :


Matteo si è già rivolto ai convertiti ed insistito sulla necessità di alcune disposizioni interiori e personali affinché la parola ascoltata venga capita e cresca; affinché possiamo costruire il Regno di Dio già qui ed ora …

Oggi, viene a ricordarci di convertire il nostro cuore al Dio di Gesù Cristo, non al nostro personale ‘sgorbio di dio’ che ci siamo fabbricati!




 

Un'altra parabola espose loro così: "Il regno dei cieli si può paragonare a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma mentre tutti dormivano venne il nemico, seminò zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi la messe fiorì e fece frutto, ecco apparve anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: Padrone, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene dunque la zizzania? Ed egli rispose loro: Un nemico ha fatto questo. E i servi gli dissero: Vuoi dunque che andiamo a raccoglierla? No, rispose, perché non succeda che, cogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l'una e l'altra crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Cogliete prima la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio" - Mt 13,24-30 (forma intera Mt 13, 24-43)


Un incastro di tre parabole straordinarie, nella forma estesa di questo passo del Vangelo di Matteo, che ci aiutano a capire la logica del Regno, la logica di Gesù…

Abbiamo ancora a che fare col mondo agricolo, che Gesù aveva dinanzi. Noi invece siamo meno abituati ...

Zizzania e buon grano che crescono insieme; lievito nella farina, per spiegare un po’ la dinamica del regno e spiegazione della parabola zizzania. Gesù le dice in un momento delicato della sua vita, momento in cui lui stesso ha la percezione che l’efficacia della parola non funzioni e che noi uomini preferiamo tenerci quell’errata idea di un dio, che ci siamo creati… Atteggiamento, questo, che ha alla base due distorsioni: una errata idea di Dio (un Dio geloso degli uomini, pronto a scagliare i suoi fulmini, quindi un Dio gretto, meschino, non il Dio Padre misericordioso) ed una mancanza di fiducia in Dio (e quindi di speranza) che genera paura e insicurezza.
LA PAZIENZA DI DIO

DI UN DIO MISERICORDIOSO

CHE RISPETTA I RITMI DI CRESCITA E DI MATURAZIONE


Invece il regno di Dio tollera i malvagi e i peccatori, perché ha una incrollabile fiducia nell’azione di Dio che sa attendere la libera decisione dell’uomo.  Papa Giovanni ha scritto: «La dolcezza è la pienezza della forza».

Non dunque una accettazione passiva degli avvenimenti e neppure una qualunquistica bonomia, ma un atteggiamento costruttivo di tolleranza, di pazienza e di rispetto dei tempi e dei ritmi della crescita, sia all’interno della vita delle comunità come delle singole persone, ed una attenzione attiva ai momenti di grazia e ai segni dei tempi che puntualmente faranno la loro comparsa.




(CCC n. 827) Mentre Cristo santo, innocente, immacolato, non conobbe il peccato, ma venne allo scopo di espiare i soli peccati del popolo, la Chiesa comprende nel suo senso i peccatori, santa e insieme sempre bisognosa di purificazione, incessantemente si applica alla penitenza e al suo rinnovamento. Tutti i membri della Chiesa, compresi i suoi ministri, devono riconoscersi peccatori (1 Gv 1,8-10). In tutti sino alla fine dei tempi, la zizzania del peccato si trova ancora mescolata al buon grano del Vangelo (Mt 13,24-20). La Chiesa raduna dunque peccatori raggiunti dalla salvezza di Cristo, ma sempre in via di santificazione..
Il principe della menzogna, il divisore, colui 'che accusava i fratelli giorno e notte (  dall'ebraico “il Sa tan”) viene di notte. L'azione del maligno si svolge di notte, con il favore delle tenebre: fuori di metafora, egli si muove e agisce senza essere visto; di fatto, una delle carte vincenti del maligno è quella di farsi credere assente. È possibile affermare che egli ha veramente vinto, e ha già raggiunto il suo obiettivo, quando è creduto assente. Il resto è solo una conseguenza. Infatti, quelli che sono rimasti intrappolati nel potere delle tenebre non percepiscono la presenza di Satana, ed hanno perfino la sensazione illusoria di essere liberi, pensando che egli non ci sia, o che sia una lucertolina innocua, un povero diavolo, o addirittura la semplice personificazione simbolica del male umano. Queste convinzioni sono le maniere più comuni con cui Satana fa in modo di essere creduto assente o innocuo, per colpire con maggiore forza e con maggiore sicurezza, mentre la persona ha abbassato le difese, ritenendo di non avere nessun nemico da cui difendersi. Solo quando la persona, per la grazia di Cristo, si svincola dal suo potere ipnotico, allora prende coscienza di avere un temibile nemico. Satana non esce allo scoperto se non quando l'uomo diventa un suo nemico esplicito, schierandosi con Cristo. L'accoglienza del vangelo pone infatti la persona nella luce di Dio, e la luce smaschera l'ordito occulto del demonio. Dinanzi ai santi, il maligno non si può nascondere più, perché la luce dello Spirito, come un potente riflettore, rende inutili i suoi nascondigli.


«Si può criticare molto la Chiesa. Noi lo sappiamo, e il Signore stesso ce l'ha detto: essa è una rete con dei pesci buoni e dei pesci cattivi, un campo con il grano e la zizzania. Papa Giovanni Paolo II, che nei tanti beati e santi ci ha mostrato il volto vero della Chiesa, ha anche chiesto perdono per ciò che nel corso della storia, a motivo dell'agire e del parlare di uomini di Chiesa, è avvenuto di male. In tal modo fa vedere anche a noi la nostra vera immagine e ci esorta ad entrare con tutti i nostri difetti e debolezze nella processione dei santi, che con i Magi dell'Oriente ha preso il suo inizio. In fondo, è consolante il fatto che esista la zizzania nella Chiesa. Così, con tutti i nostri difetti possiamo tuttavia sperare di trovarci ancora nella sequela di Gesù, che ha chiamato proprio i peccatori. La Chiesa è come una famiglia umana, ma è anche allo stesso tempo la grande famiglia di Dio, mediante la quale Egli forma uno spazio di comunione e di unità attraverso tutti i continenti, le culture e le nazioni. Perciò siamo lieti di appartenere a questa grande famiglia; siamo lieti di avere fratelli e amici in tutto il mondo. Lo sperimentiamo proprio qui a Colonia quanto sia bello appartenere ad una famiglia vasta come il mondo, che comprende il cielo e la terra, il passato, il presente e il futuro e tutte le parti della terra. In questa grande comitiva di pellegrini camminiamo insieme con Cristo, camminiamo con la stella che illumina la storia»


Benedetto XVI - Colonia -
omelia veglia coi Giovani alla spianata del Marienfeld, il 20 agosto 2005





Parole di speranza. C’è posto per tutti… non ci sono selezioni preliminari, non bisogna adeguarsi a chissà quali condizioni, rispondere a chissà quali aspettative. L’immagine della famiglia è altamente significativa: siamo grandi abbastanza per capire che non esiste nessuna famiglia "Mulino Bianco", ognuna ha i suoi scheletri nell’armadio, le sue ferite, le sue contraddizioni, i suoi periodi bui. Eppure, nell’amore, riescono spesso a trovare un’unione più forte di ogni avversità, fatta per lo più di gesti semplici e poche parole. C’è posto per tutti.. a suggerire che lo Spirito ancora oggi suggerisce qualcosa di nuovo a chi voglia ascoltarne la voce.
Sentire queste parole ad una Giornata Mondiale della Gioventù è il simbolo della fiducia del Papa nei giovani. Giovani che sa capaci di generosità, di dono, di entusiasmo, di intraprendenza, a volte di grande ingenuità. Ma è bello vedere quanta passione sappiano mettere in un progetto : spesso la differenza è proprio nella capacità di incanalare le proprie energie per qualcosa che sia veramente grande, bello, vero, degno dell’offerta del proprio tempo e delle proprie forze.

 

Dunque Gesù quando chiede di avere pazienza si riferisce alle incongruenze e anche agli scandali che possono capitare all'interno della Chiesa. Non tocca a noi di giudicare, ci penserà Lui alla fine dei tempi a svelare i pensieri dei cuori e a dare a ciascuno la ricompensa delle sue azioni. Lui solo conosce le intenzioni delle menti e concede a ciascun credente un tempo di aspettativa in vista della conversione e per il perfezionamento della condotta di vita.

Sbaglieremmo se pensassimo che raccontando la parabola della zizzania nel campo Gesù intendesse giustificare la pretesa di tanta gente di essere lasciata in pace a vivere come gli pare. È che purtroppo il male è presente anche nella Chiesa che dovrebbe essere la comunità dei salvati e dei santi. A questa constatazione dolorosa Gesù oppone il pensiero che nella Chiesa il bene trionferà: alla fine dei tempi il bilancio della Chiesa nella storia sarà ampiamente positivo. Dal momento però che siamo tutti in cammino il compimento del Regno dei Cieli e che la méta resta lontana, fra di noi credenti dobbiamo avere comprensione e pazienza.

A Dio nulla sfugge, ma se per correggere il nostro possiamo usciamo dalla carità non solo il nostro intervento spesso fallisce, ma noi stessi rischiamo di escluderci dall'unica comunità dei salvati che è la Chiesa.

"Migliorate voi stessi!" sembra dire Gesù "... e allora anche le carenze degli altri sembreranno meno importanti in proporzione del frutto di bene che va accumulandosi".

lunedì 11 luglio 2011

LA PAROLA DI DIO E' LUCE! .... Chiara Amirante



Il nostro cuore sempre inquieto cerca risposte alle grande domande dell’esistenza: chi sono? Dove vado? Da dove vengo? Perché la sofferenza, la morte? Come posso essere felice? Ho una vita sola, come posso viverla al meglio?
C’è una meravigliosa scoperta che ha colorato la mia vita e quella di milioni e milioni di persone:

LA PAROLA DI DIO E’ LUCE! Nella Parola di Dio possiamo trovare LA RISPOSTA a tutto quanto il nostro cuore cerca. Spesso noi cristiani abbiamo dimenticato il cuore della grande Notizia della nostra fede: “In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio: in Lui era la vita e la vita era la luce degli uomini… Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe (…) IL VERBO SI FECE CARNE E VENNE AD ABITARE IN MEZZO A NOI! (Gv.1,1 ss.)”!! Se il Signore della Creazione ci ha amato fino al punto da venire ad abitare in mezzo a noi è certo che nelle parole che Lui ci ha donato troveremo risposte fondamentali per la nostra esistenza. Troppo spesso, sedotti dalle menzogne dei falsi profeti, ci illudiamo di trovare la felicità nei paradisi artificiali a basso costo che imprigionano l’anima fino ad ucciderla: dopo l’ illusoria ebbrezza di un po’ di piacere ci riscopriamo con il vuoto e la morte nel cuore.

Colui che ha detto:”Io sono la Via, la Verità, la Vita (Gv.14,6)”, non illude, non delude, non ci tradisce mai! La Sua Parola è Luce, la Sua Parola è Verità, la Sua Parola è balsamo di guarigione per le ferite più profonde dell’anima! Il Signore Gesù è la VIA per la pienezza di Gioia e di Pace che il cuore di ogni uomo cerca. E allora perché moltissimi cristiani sono tristi, spenti? Perché hanno dimenticato che il Vangelo non è semplicemente un bel libro che racconta la storia di un grande uomo, il Vangelo è PAROLA DI DIO! Non è sufficiente ascoltare la Parola di Dio, bisogna metterla in pratica! Non è sufficiente meditare il vangelo bisogna viverlo!! Vivere ogni Parola di Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le forze, allora e solo allora troveremo le risposte alle domande più profonde del nostro cuore, sperimenteremo quella pienezza di Luce e di Pace che il Signore Gesù desidera donarci. Allora che aspettiamo?! Iniziamo subito! Con più di 150 mila cavalieri della Luce abbiamo preso l’impegno di provare a vivere la Parola di Dio con radicalità per portare la rivoluzione del Vangelo in questo mondo che sta morendo per mancanza di amore. Con tanti a Nuovi Orizzonti scegliamo ogni giorno una frase del vangelo, prendiamo insieme l’impegno di viverla e i frutti che sperimentiamo sono davvero meravigliosi.



Vorrei allora proporre a tutti voi di provare. Se a qualcuno può essere utile potrete trovare alcune delle frasi del vangelo che quotidianamente scelgo (per provare a viverle insieme a tanti con cui condividiamo questo impegno) in questo blog e nella pagina pubblica a mio nome su facebook. Ho scoperto per caso che era stata aperta questa pagina a mia insaputa e mi sono resa conto che può essere un ottimo strumento per condividere con chiunque vorrà una parola del Vangelo del giorno da vivere insieme, riflessioni, pensieri, aggiornamenti, testimonianze e tanto altro. Così ho deciso di gestire questa pagina personalmente visto che chi si era iscritto era convinto di ricevere comunicazioni da parte mia. L’indirizzo della pagina pubblica è http://www.facebook.com/C.Amirante: basterà che poi clicchiate su “mi piace” per essere iscritti e ricevere la parola del vangelo del giorno che insieme a tanti proviamo a vivere e altre mie condivisioni e aggiornamenti in tempo reale su quanto scriverò su questo blog. Può essere un modo per crescere nella comunione e nell’impegno che ci accomuna: Portare la rivoluzione del Vangelo nel mondo.



Provate davvero a scegliere ogni giorno una frase del Vangelo e viverla:

LA PAROLA DI DIO E’ LUCE

e ci dischiude nuovi meravigliosi Orizzonti!


CHIARA AMIRANTE
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Noi infatti non predichiamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore; quanto a noi, siamo i vostri servitori per amore di Gesù. E Dio che disse: Rifulga la luce dalle tenebre, rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria divina che rifulge sul volto di Cristo.

Però noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta, perché appaia che questa potenza straordinaria viene da Dio e non da noi.  2 Rm









La fede va nutrita e fortificata con la Parola di Dio (Romani 10:17)










4, 1-7

GLI AMICI DEL CENACOLO LA TENDA - S.ta Teresa del Bambin Gesù e del Volto Santo, Dottore della Chiesa - 2a parte



Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo davanti all’Eucaristia

don Diego Facchetti
1. Il dottore dell’Amore divino
Nata il 2/1/1873 ad Alençon, nona ed ultima figlia di Luigi Martin e Zelia Guérin (dei quali è in corso la causa di beatificazione), Teresa muore il 30/9/1897 nel Carmelo di Lisieux, dove è entrata nove anni prima, a 15 anni (9/4/1888). Nella sua breve vita si raccolgono esperienze profondissime: dalla scoperta della «piccola via» all’essere nel «cuore della Chiesa», dall’offerta all’Amore misericordioso alle «tenebre» nel cammino di fede, dall’amore per i peccatori e i sacerdoti al legame con i missionari[1]… Sarà canonizzata il 17/5/1925 e proclamata dottore della Chiesa il 19/10/1997.
La sua missione «di far amare il buon Dio come io lo amo, di dare la mia piccola via alle anime» (QG 17.7; OC 1028) passerà anche attraverso la testimonianza degli scritti, fonte insostituibile per la sua conoscenza. Una straordinaria diffusione conosce il libro Storia di un’anima, pubblicato nel 1898, in cui M. Agnese rifonde e rimaneggia i manoscritti autobiografici di Teresa[2]. Il lavoro per l’edizione critica porta nel 1956 alla pubblicazione dei Manoscritti autobiografici, così come sono usciti dalla penna di Teresa. Ad essi vanno aggiunti gli altri testi di Teresa (lettere; poesie; preghiere; Pie ricreazioni: i «pezzi» teatrali scritti per le Consorelle); le parole raccolte durante gli ultimi mesi di vita, edite criticamente negli Ultimi colloqui (documento più importante è il cd. Quaderno giallo di M. Agnese); i Consigli e Ricordi scritti da Sr Genoveffa (Celina).
Il suo messaggio è quanto mai attuale. Giovanni Paolo II afferma che Teresa è stata resa partecipe della «scienza dell’amore divino», che «la sua dottrina è insieme una confessione della fede della Chiesa, un’esperienza del mistero cristiano e una via alla santità», e che essa «è maestra per il nostro tempo, assetato di parole vive ed essenziali, di testimonianze eroiche e credibili»[3].
Il valore della sua esperienza emerge in particolare nella continua consapevolezza della presenza e dell’azione di Gesù. Anche solo ad un primo sguardo della sua vita e delle sue parole «si potrebbe dire che in Teresa di Lisieux tutto è cristologico» [4]. Il nome di Gesù è usato nei suoi scritti più di 1600 volte. La sua vita si svolge sotto il segno dell’amore di Gesù e per Gesù. Ricordando la sua fanciullezza, afferma: «Volevo amare, amare Gesù con passione» (Ms A 47v; OC 149). Ad uno dei «fratelli» missionari, a pochi mesi dalla morte scriverà: «In Cielo desidererò la stessa cosa che in terra: amare Gesù e farlo amare» (LT 220, 2r: Al rev. Bellière, 24/2/1897; OC 559). Inciderà persino nel legno della porta della sua cella la frase: «Gesù è il mio unico Amore»[5].
Al Carmelo chiede di potersi chiamare «suor Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo». Ella vivrà particolarmente questi due misteri.
La «concentrazione cristologica» basata sul realismo dell’Incarnazione non mette in ombra la lettura trinitaria dell’esistenza cristiana. Per Gesù, nello Spirito, Teresa giunge al Padre:
«Tu lo sai, Divino Gesù, ti amo!/ Lo Spirito d’Amore mi infiamma col suo fuoco.
È amando te che io attiro il Padre» (Viver d’Amore!...: P 17, 2; OC 667; nostra trad.).

2. Teresa e la Comunione
Lo spirito d’infanzia, che caratterizza il cammino spirituale di Teresa, si rivela in modo speciale nel suo atteggiamento verso l’Eucaristia[6].
Tra le pagine più rivelatrici del suo amore eucaristico troviamo quelle che raccontano la sua prima Comunione. A distanza di tempo Teresa scriverà:
«Il periodo della mia prima Comunione mi è rimasto impresso nel cuore, come un ricordo senza nubi. […] Gesù voleva farmi gustare una gioia tanto perfetta quanto è possibile in questa valle di lacrime» (Ms A 32v; OC 125).
Dopo i tre mesi di intensa preparazione, il giorno della prima Comunione (8/5/1884) è Gesù stesso a farle sentire il suo amore:
«Fu un bacio d’amore, mi sentivo amata, e perciò dicevo: ‘Ti amo, mi dò a te per sempre’ [...] Da molto tempo, Gesù e la povera piccola Teresa si erano guardati e si erano capiti... Quel giorno non era più uno sguardo, ma una fusione; non erano più due: Teresa era scomparsa, come la goccia d’acqua che si perde in seno all’oceano» (Ms A 35r; OC 129).
La gioia di questo incontro la porta alle lacrime, che saranno diversamente interpretate, ma che lei stessa spiega:
«Non capivano che, poiché tutta la gioia del Cielo si riversava in un cuore, quel cuore esiliato non poteva sopportarla senza spargere lacrime» (Ms A 35r; OC 129).
Nella sua prima comunione Teresa non si chiude in un intimismo dimentico dei fratelli: si ricorda infatti in quel giorno anche di un povero incontrato anni prima e che non era riuscita ad aiutare[7].
Le lacrime ritornano anche quando si prepara alla seconda Comunione, mentre ripete continuamente fra sé: «Non sono più io che vivo, è Gesù che vive in me!» (cfr. Gal 2, 20; Ms A 36r; OC 130). Il suo desiderio di ricevere l’Eucaristia aumenta sempre più (cfr. ib.).
In quel tempo non era in uso la Comunione frequente e non si poteva fare la Comunione senza il consenso del confessore[8]. Teresa obbedisce a questa prassi, senza chiedere di più. Tuttavia, più avanti nel tempo leggerà con un certo spirito critico questo suo silenzio, richiamando il valore della ricezione dell’Eucaristia. Afferma infatti:
[Gesù] «si donava Lui stesso a me nella S. Comunione più spesso di quanto avrei osato sperare. Avevo preso come regola di comportamento di fare, senza mancarne una sola, le comunioni che il confessore mi avrebbe permesso, ma di lasciare che ne stabilisse lui il numero senza mai domandarglielo. A quel tempo non avevo assolutamente l’audacia che possiedo ora, altrimenti avrei agito in modo diverso, perché sono sicurissima che un’anima deve dire al suo confessore l’attrazione che sente a ricevere il suo Dio. Non è per restare nel ciborio d’oro che Egli discende ogni giorno dal Cielo, ma per trovare un altro Cielo che gli è infinitamente più caro del primo: il Cielo della nostra anima, fatta a sua immagine, il tempio vivente dell’adorabile Trinità!» (Ms A 48v; OC 150).
La frequenza in seguito aumenta, ma anche nel Carmelo rimane il desiderio non sempre realizzato. Nell’Atto di offerta all’Amore misericordioso (9/6/1895) infatti Teresa confessa:
«Sento nel mio cuore desideri immensi ed è con fiducia che ti chiedo di venire a prendere possesso della mia anima. Ah, non posso ricevere la Santa Comunione tanto spesso come desidero!» (Pr 6, 1v/2r; OC 942).
In tale impossibilità si appella perciò alla potenza di Dio, domandandogli di rimanere in lei:
«Ma, Signore, non sei tu Onnipotente?... Resta in me, come nel tabernacolo: non allontanarti mai dalla tua piccola ostia!» (Pr 6, 1v/2r; OC 942).
Non manca un aspetto «mariano» nella recezione dell’Eucaristia: ricevendo la comunione, Teresa s’identifica con Maria che porta Gesù nel suo grembo:
«Come te possiedo in me l’Onnipotente/ […] Quando nel mio cuore discende la bianca Ostia,
crede di riposare in te Gesù, il tuo Dolce Agnello!» (Perché t’amo, Maria: P 54,5; OC 722; nostra trad.).


3. Fiducia e abbandono
In Teresa è salda le fede nella presenza eucaristica. Sin dall’infanzia essa esprime la sua adorazione all’Eucaristia: ogni pomeriggio, passeggiando col padre, compie la visita al Santissimo Sacramento (cfr. Ms A 14r; OC 97); si entusiasma per le feste:
«Amavo soprattutto le processioni del Santissimo Sacramento; che gioia spargere fiori sotto i passi del buon Dio!... ma prima di lasciarli cadere li lanciavo più in alto che potevo e non ero mai tanto felice come nel vedere le mie rose sfogliate toccare l’Ostensorio sacro…» (Ms A 17r; OC 101).
Si tratta di una presenza che ispira la fiducia e l’abbandono di cui è costituita la «via» di Teresa.
Alla cugina Maria Guérin, che si era astenuta dalla Comunione per degli scrupoli, scrive:
«Pensa […] che Gesù è lì nel tabernacolo proprio per te, per te sola, e brucia dal desiderio di entrare nel tuo cuore! Non ascoltare il demonio, burlati di lui e va’ senza paura a ricevere il Gesù della pace e dell’amore!» (LT 92, 1v: A Maria Guérin, 30/5/1889; OC 384).
Su un’immagine che rappresenta il Bambino Gesù nell’ostia scrive:
«Non posso temere un Dio che per me si è fatto così piccolo!… Io l’amo!... Infatti egli non è che amore e misericordia» (LT 266: Al rev. Maurizio Bellière [25/8/1897]; OC 606).
Teresa non si lascia fermare dall’aridità che l’accompagna frequentemente nel momento del ringraziamento[9]. Essa, anzi, cerca di comprenderne il senso:
«Non posso dire di aver ricevuto spesso delle consolazioni durante i ringraziamenti, è forse il momento in cui ne ho meno… Questo lo trovo del tutto naturale perché mi sono offerta a Gesù non come una persona che desidera ricevere la sua visita per propria consolazione, ma al contrario per il piacere di Colui che si dona a me» (Ms A 79v; OC 203).
Il legame fra Eucaristia e abbandono umile e confidente è così cantato verso la fine della vita:
«Mio dolce Sole di vita/ mio Amabile Re,/ la tua Ostia divina/ è piccola come me…
Il raggio luminoso/ della sua Celeste Fiamma/ fa nascere nella mia anima/ il perfetto Abbandono […]
Attendo in pace la gloria/ del soggiorno Celeste,/ perché trovo nel Ciborio/ il dolce frutto dell’Amore» (L’Abbandono è il frutto delizioso dell’Amore, 31/5/1897: P 52, 11. 12. 18; OC 719.720; nostra trad.).

4. Per fare della vita un’offerta
Nell’Eucaristia Gesù si fa «piccolo», viene ad abitare nel credente, lo unisce a sé e lo rende fecondo nell’apostolato, gli concede di «portare frutto».
«Il mio Cielo è nascosto nella piccola Ostia/ dove Gesù, mio Sposo, si vela per amore.
A questo Focolare Divino attingo la vita» (Questo è il mio Cielo!: P 32, 3; OC 690; nostra trad.).
Nella poesia Il mio Canto per Oggi, segnata dalla consapevolezza dello scorrere del tempo (cfr. l’inizio: «La mia vita non è che un istante, un’ora di passaggio. La mia vita non è che un solo giorno che svanisce e fugge»: P 5, 1; OC 626), e scandita dal ritornello: «Solo per oggi», scrive:
«Pane vivo, pane del Cielo, divina Eucaristia,/ o sacro Mistero! che l’Amore ha realizzato…
Vieni ad abitare il mio cuore, Gesù, mia bianca Ostia,/     solo per oggi.
Degnati che mi unisca a te, Vigna santa e sacra,/ ed il mio debole tralcio ti darà il suo frutto
e io potrò offrirti, Signore, un grappolo dorato/     già da quest’oggi» (P 5, 9-10; OC 627; nostra trad.).
Nella sua Preghiera a Gesù nel tabernacolo (16/7/1895), dopo aver manifestato la sua fiducia e la richiesta di guarigione, esprime la sua completa offerta:
«Ti offro tutti i battiti del mio cuore come altrettanti atti d’amore e di riparazione e li unisco ai tuoi meriti infiniti. Ti supplico, o mio Divino Sposo, di essere tu stesso il Riparatore della mia anima, di agire in me senza tener conto delle mie resistenze: insomma non voglio più avere altra volontà che la tua» (Pr 7; OC 944).
Teresa sa coniugare il sentimento della donazione totale nel silenzio, nel nascondimento con il desiderio missionario di «conquistare» anime in «grande numero»:
«Vivere d’Amore è vivere della tua vita,/ Re glorioso, delizia degli eletti.
Tu vivi per me, nascosto in un’ostia:/ io voglio nascondermi per te, Gesù!
Agli amanti occorre solitudine,/ un cuore a cuore che duri notte e giorno» (P 17, 3; OC 647; nostra trad.).
«Vorrei consumarmi nel santuario/ accanto al mio Dio,
e brillare sempre con mistero,/ come la Lampada del Luogo Santo…
Oh! gioia… Ho in me delle fiamme/ e posso conquistare ogni giorno
a Gesù un grande numero di anime/ incendiandole del suo amore» (I miei desideri presso Gesù nascosto nella sua Prigione d’Amore: P 25, 2; OC 678; nostra trad.).
Nell’Eucaristia Gesù continua a mostrare ed insegnare l’umiltà che ha vissuto nella sua esistenza terrena:
«Adesso è nell’Ostia che ti vedo portare al colmo il tuo annientamento. Quanta è la tua umiltà, o divino Re di Gloria, nel sottometterti a tutti i tuoi sacerdoti senza fare alcuna distinzione tra coloro che ti amano e coloro che, ahimé, sono tiepidi o freddi nel tuo servizio! Alla loro chiamata tu discendi dal cielo. Essi possono anticipare o ritardare l’ora del Santo Sacrificio; tu sei sempre pronto!» (Preghiera per ottenere l’Umiltà [composta il 16/7/1897 per suor Marta di Gesù, in occasione del suo trentaduesimo compleanno]: Pr 20, 181v; OC 952).
«O mio Amato, come mi appari dolce ed umile di cuore sotto il velo della bianca Ostia! Non puoi abbassarti di più per insegnarmi l’umiltà» (Pr 20, 183r; OC 952).

5. Teresa e il Cuore di Gesù
Sebbene non siano sempre rilevati, in S. Teresa sono frequenti i riferimenti al Cuore di Gesù. Teresa si distingue per la sua originale prospettiva nell’accostarsi a questo mistero. In una lettera alla sorella Celina presenta infatti il proprio rapporto come assai spontaneo e personale:
«Prega molto il Sacro Cuore. Tu lo sai: io non guardo al Sacro Cuore come tutti; penso che il cuore del mio sposo è solo mio, così come il mio appartiene solo a lui, e allora nella solitudine gli parlo di questo delizioso cuore a cuore, aspettando di contemplarlo un giorno a faccia a faccia!» (LT 122, a Celina, 14/10/1890; OC 421).
Teresa avverte il bisogno di sentire e pensare Gesù vicino a lei. Nella poesia Al Sacro Cuore di Gesù afferma:
«Io ho bisogno di un cuore ardente di tenerezza,/ che rimanga mio sostegno senza alcun ricambio,
che ami tutto in me, anche la mia debolezza…/ E non mi abbandoni mai, né giorno né notte.
Non ho potuto trovare alcuna creatura/ che mi amasse sempre, senza morire mai.
Io ho bisogno di un Dio che assuma la mia natura,
che diventi mio fratello e possa soffrire» (P 23, 4; OC 667-668; nostra trad.).
Teresa giunge a dire: «Il mio cuore è tuo… Il tuo Cuore è mio» (cfr. P 24, 8. 20; OC 671. 674).
Il Cuore è unito al Volto, a tutta la persona di Gesù che le appartiene:
«Io ho il tuo Cuore, il tuo Volto adorato,/ il tuo dolce sguardo che mi ha ferita;
ho il bacio della tua santa bocca./ Ti amo e non voglio niente di più,
Gesù» (Il cantico di Celina: P 18, 51; OC 657; nostra trad.).
È naturale il legame con l’Eucaristia:
«Per rapire il mio cuore, facendoti mortale/ Tu versasti il tuo sangue, mistero supremo!
E vivi ancora per me sull’altare» (P 23, 5; OC 690).
Nella conclusione del Ms C (da riconoscersi come uno dei vertici della spiritualità cristiana) Teresa richiama l’esempio della Maddalena:
«Poiché Gesù è risalito al Cielo, io posso seguirlo solo seguendo le tracce che ha lasciato, ma come sono luminose queste tracce, come sono profumate! Appena getto lo sguardo nel Santo Vangelo, subito respiro i profumi della vita di Gesù e so da che parte correre...
Non è al primo posto, ma all’ultimo che mi slancio, invece di farmi avanti con il fariseo, ripeto, piena di fiducia, l’umile preghiera del pubblicano, ma soprattutto imito il comportamento della Maddalena, la sua audacia stupefacente, o meglio amorosa, che affascina il Cuore di Gesù, seduce il mio.
Sì, lo sento, anche se avessi sulla coscienza tutti i peccati che si possono commettere, andrei, con il cuore spezzato dal pentimento, a gettarmi fra le braccia di Gesù, perché so quanto ami il figliol prodigo che ritorna a Lui» (Ms C, 36v-37r; OC 278-279).
Teresa vuole essere accanto, o meglio nel Cuore di Gesù, in questa vita e in quella eterna:
«Dopo l’esilio della terra, spero di venire a goderti nella Patria; ma non voglio ammassare meriti per il Cielo, voglio lavorare per il tuo solo Amore, con l’unico scopo di farti piacere, di consolare il tuo Sacro Cuore e di salvare anime che ti ameranno eternamente.
Alla sera di questa vita, comparirò davanti a te a mani vuote, perché non ti chiedo, Signore, di contare le mie opere. Tutte le nostre giustizie hanno macchie ai tuoi occhi. Voglio dunque rivestirmi della tua propria Giustizia e ricevere dal tuo Amore il possesso eterno di Te stesso» (Atto di offerta all’Amore misericordioso: Pr 6; OC 942-943 ad.; parz. cit. in C 2011).
Teresa ha consegnato tutto al Cuore di Dio ed in esso vuole «diritta» volare:
«Vivere d’amore è donare senza misura/ senza reclamare ricompensa quaggiù.
Ah! Io dono senza contare essendo ben certa/ che quando si ama non si calcola!...
Ho dato tutto al Cuore Divino traboccante di tenerezza…/ Corro leggera.
Non ho altro che la mia sola ricchezza: vivere d’Amore» (P 17, 5; OC 647; nostra trad.).
«La mia anima esiliata, lasciando questa vita,/ vorrebbe fare un atto di puro amore
e poi, volando al Cielo sua Patria,/ entrare nel tuo Cuore senza alcun indugio» (P 23, 8; OC 668; nostra trad.).


[1] Per una conoscenza dell’esperienza di Teresa cfr., tra gli altri: Aa.Vv., Nel dramma dell’incredulità con Teresa di Lisieux, Ancora, Milano 1997; G. Gaucher, Teresa Martin dopo la lettura critica dei suoi scritti, Paoline, Milano 19872 (probabilmente la migliore biografia); A. Sicari, La teologia di santa Teresa di Lisieux dottore della Chiesa, OCD-Jaca Book, Morena (RM)-Milano 1997; C. Vasciaveo (ed.), Teresa di Lisieux sorella nel dubbio e nella fede, Cantagalli, Siena 2002. Per una breve presentazione cfr. http://www.teologiaperlaicibs.org/figuredivita.htm.
[2] Si tratta di tre scritti d’ineguale lunghezza, composti a richiesta di tre persone diverse: M. Agnese di Gesù, la sorella Paolina divenuta priora (Ms A); la sorella maggiore Sr Maria del S. Cuore, alla quale racconta le grazie decisive del settembre 1896 (Ms B); M. Maria di Gonzaga, priora dei primi e degli ultimi anni della sua vita religiosa, che le ha richiesto nel giugno 1897 di proseguire il racconto autobiografico iniziato per M. Agnese (Ms C). Per questi, come per gli altri testi seguiamo l’ed. it.: S. Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo, Opere complete. Scritti e ultime parole, LEV-OCD, Città del Vaticano-Roma 1997 (cit. OC).
[3] Giovanni Paolo II, Lett. ap. Divini amoris scientia (19/10/1997), nn. 1. 7. 11: EV 16/1256. 1270. 1285.
[4] F.-M. Léthel, L’amore di Gesù. La cristologia di santa Teresa di Gesù Bambino, LEV, Città del Vaticano 1999, p. 61.
[5] Cfr. G. Gaucher, Teresa Martin…, cit., p. 185.
[6] Cfr. Vittore della Vergine, Nel cuore della Chiesa. Realismo spirituale di santa Teresa di Lisieux. Secondo i manoscritti autobiografici, Ancora-Post. Gen. OCD, Milano 19662, p. 66. Sul rapporto di Teresa con l’Eucaristia cfr. le due voci di V. Martínez Blat, Comunión e Eucaristía, in T. Alvarez - V. Martínez Blat (edd.), Diccionario de Santa Teresa de Lisieux, Editorial Monte Carmelo, Burgos 1997, pp. 139-143; 239-243.
[7] Ricordando quell’incontro, racconta: «Volevo donargli qualcosa che non potesse rifiutarmi, perché provavo per lui una grandissima compassione. Allora mi ricordai di aver sentito dire che il giorno della prima comunione si otteneva tutto quello che si domandava. Questo pensiero mi consolò e, benché avessi solo sei anni, mi dissi: ‘Pregherò per il mio povero il giorno della mia prima comunione’. Mantenni la promessa cinque anni dopo e spero che il Buon Dio abbia esaudito la preghiera che Egli mi aveva ispirato di rivolgerGli per una delle sue membra sofferenti» (Ms A 15r; OC 99).
[8] Teresa ottiene il permesso di comunicarsi in tutte le feste principali ed annota le sue Comunioni dalla prima (8/5/1884) all’anniversario della morte della mamma (28/8/1885): sono solo ventidue in questo spazio di tempo! [cfr. Note cronologiche (1884-1886); OC 1186-1187].
[9] Sulla preghiera di e con Teresa cfr. V. Sion, Cammino di preghiera con Teresa di Lisieux, Morcelliana, Brescia 1985; G. Gaucher, Prier à Lisieux avec Thérèse, DDB, Paris 1994.


Normandia . battello con l'immagine di Santa Teresina di Lisieux


Dall'«Autobiografia» di santa Teresa di Gesù Bambino (di Lisieux);
Manuscrits autobiographiques, Lisieux 1957, pp.227-229


Siccome le mie immense aspirazioni erano per me un martirio, mi rivolsi alle lettere di san Paolo, per trovarmi finalmente una risposta. Gli occhi mi caddero per caso sui capitoli 12 e 13 della prima lettera ai Corinzi, e lessi nel primo che tutti non possono essere al tempo stesso apostoli, profeti e dottori e che la Chiesa si compone di varie membra e che l'occhio non può essere contemporaneamente la mano. Una risposta certo chiara, ma non tale da appagare i miei desideri e di darmi la pace.
Continuai nella lettura e non mi perdetti d'animo. Trovai così una frase che mi diede sollievo: «Aspirate ai carismi più grandi. E io vi mostrerò una via migliore di tutte» (1 Cor 12, 31). L'Apostolo infatti dichiara che anche i carismi migliori sono un nulla senza la carità, e che questa medesima carità é la via più perfetta che conduce con sicurezza a Dio. Avevo trovato finalmente la pace.
Considerando il corpo mistico della Chiesa, non mi ritrovavo in nessuna delle membra che san Paolo aveva descritto, o meglio, volevo vedermi in tutte. La carità mi offrì il cardine della mia vocazione. Compresi che la Chiesa ha un corpo composto di varie membra, ma che in questo corpo non può mancare il membro necessario e più nobile. Compresi che la Chiesa ha un cuore, un cuore bruciato dall'amore. Capii che solo l'amore spinge all'azione le membra della Chiesa e che, spento questo amore, gli apostoli non avrebbero più annunziato il Vangelo, i martiri non avrebbero più versato il loro sangue. Compresi e conobbi che l'amore abbraccia in sé tutte le vocazioni, che l'amore é tutto, che si estende a tutti i tempi e a tutti i luoghi, in una parola, che l'amore é eterno.
Allora con somma gioia ed estasi dell'animo gridai: O Gesù, mio amore, ho trovato finalmente la mia vocazione. La mia vocazione é l'amore. Si, ho trovato il mio posto nella Chiesa, e questo posto me lo hai dato tu, o mio Dio.
Nel cuore della Chiesa, mia madre, io sarò l'amore ed in tal modo sarò tutto e il mio desiderio si tradurrà in realtà.          


Risponde al vero che i tempi non sono facili; è vero che la barca della Chiesa deve solcare acque tempestose, esposte ai venti di ideologie e di culture che, essendo antiumane, sono anche anticristiane. È vero che talune crepe negli aspetti storici umani possono fare penetrare all’interno della barca, come avvenne quando, al Lago di Genezareth, gli apostoli, spaventati e pieni di angoscia invocarono ad alta voce Cristo che sembrava dormire: Domine, salva nos quia perimus! (Mt 8, 25).

È vero. Ma al di sopra delle nostre angosce, al di sopra di tutti i nostri dubbi, al di sopra di tutte le nostre perplessità e timori, si leva una voce, "la" voce: "Perché avete paura, uomini di poca fede?" (Mt 8, 26): Tu es Petrus, et super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam et portae inferi non praevalebunt (Mt 16,18).

La nave di Pietro può trovarsi in acque agitate, ma le è assicurata l’assistenza divina: "semper fluctibus agitata, et semper victrix", come soleva dire, in un atto di fede, sant’Alfonso Maria de’Liguori.

Nostro Signore Gesù Cristo si trova all'interno della barca. Pietro, principio perpetuo e fondamento visibile dell’unità della Chiesa tiene il timone. La Vergine Immacolata continua, nella storia, a schiacciare la testa del serpente diabolico fino alla consumazione dei tempi.

Questa è la fede che vince il mondo, questa è la fede che ci gloriamo di professare!

Card. Dario Castrillòn Hoyos








sabato 9 luglio 2011




Infiamma i nostri cuori Signore con il Fuoco del tuo Amore
perché possiamo portare la rivoluzione del Vangelo nel mondo.

CHIARA AMIRANTE





RICHIESTA DI PREGHIERE



Carissimi, preghiamo insieme per Niccolò, diciottenne caduto dalla balconata del suo liceo,
ed in gravi condizioni per fratture multiple e per suo fratello Luca, affetto da SLA ... UNITI

Cenacolo la Tenda VELLETRI Rm

mercoledì 6 luglio 2011

TRACCE Incontro 5 luglio 2011 - LA PAROLA CRESCE NEL GIARDINO SEGRETO ...



... là dove il Signore ama passeggiare con noi e noi non
temiamo di farci vedere come siamo, se in Lui …







E noi … che terra siamo? …

Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.
Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti».  ]
Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono.
Così si compie per loro la profezia di Isaìa che dice:
“Udrete, sì, ma non comprenderete,
guarderete, sì, ma non vedrete.
Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile,
sono diventati duri di orecchi
e hanno chiuso gli occhi,
perché non vedano con gli occhi,
non ascoltino con gli orecchi
e non comprendano con il cuore
e non si convertano e io li guarisca!”.
Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!

Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».
Il seminatore uscì a seminare. Quando uscì? Giornate e giornate di lavoro sembrano pesare sulle spalle di questo seminatore e quel sole all'orizzonte pare accompagnarlo da sempre.
La parabola evangelica è qui descritta con un unico sguardo: il terreno che attende il seme, il selciato, gli uccelli rapitori del seme e la messe che biondeggia già all'orizzonte. E il seminatore continua a seminare, instancabile. Nel suo andare ha ancora lo slancio della prima ora, getta il seme senza calcolo, non si attarda a considerare la qualità della terra, non bada agli uccelli, semina semplicemente e generosamente. Addirittura il suo abito ha i colori del terreno. É diventato tutt'uno con esso. Van Gogh ha lavorato per contrasto, proprio come Marco nelle sue parabole: i gialli accanto ai viola, la pennellata nervosa che riproduce le asperità del terreno, le zolle rimosse, la terra battuta del sentiero.


L'intento di Gesù nel narrare la parabola del seme era dischiudere il mistero del Regno.



Il seminatore che getta il seme con abbondanza senza risparmio, senza calcolare la qualità del terreno, è il Verbo di Dio che getta con liberalità la sua parola.

Ha colto nel segno perciò van Gogh, riempiendo la scena della luce aurea del Padre che accompagna il lavoro del suo Verbo nel campo del mondo. Non sta all'uomo giudicare chi sia dentro o chi sia fuori al Mistero, ma è l'accoglienza del seme della Parola a deciderlo.



L'insegnamento sul mistero del Regno diventa pertanto anche un insegnamento sull'identità del vero discepolo. Seguendo questa prospettiva Van Gogh darà alla parabola anche un'altra lettura, più personale identificandosi con il seminatore. Vincent si sentiva, attraverso la sua pittura, un seminatore della Parola di Dio tanto quanto lo fu da Evangelizzatore laico. La meditazione della Parola lo incoraggiava a non indietreggiare davanti al mancato riconoscimento della sua arte, ma a trasfondere tutto se stesso nel colore e nel soggetto che aveva dinanzi.


Questo lascia un grande insegnamento a noi, tentati spesso di giudicare un lavoro, un'opera, un impegno a partire dall'accoglienza trovata, dai risultati ottenuti, dall'efficienza. Cristo, narrando la parabola del seminatore, vuole invece preparare i suoi allo scandalo della croce. Uno scandalo del quale parlerà apertamente nei capitoli successivi del Vangelo.


Il mistero del Regno non obbedisce alla logica del successo, delle conversioni di massa, ma conosce la logica del seme, fatta di attese e di maturazioni, di inizi modesti e di sviluppi lenti ma costanti, fino alla piena manifestazione del Mistero e della Potenza nascosti i n esso. Colui che annuncia il Regno deve entrare in questa dinamica, deve assumere la pazienza del contadino senza arrogarsi il diritto di giudicare su quali terreni seminare, ma in tutto lasciare al seme di sprigionare la sua forza intrinseca. La potenza insita nel seme, infatti ha una sua evidenza che non verrà mai smentita.


Come battezzati siamo chiamati a nutrirci di Parola, per lasciarla passare attraverso il nostro vissuto affinché arrivi ad altri … Ogni discepolo che si ponga alla sequela di Gesù deve saper attendere, saper guardare, oltre le apparenze. Non deve aspettarsi un Messia preconfezionato secondo i propri schemi, non deve sognare una Chiesa di puri e perfetti, ma aprirsi lentamente al Mistero proprio come il seme che nel buio della terra coltiva la speranza di un Sole che pur oscurato dal variare delle stagioni, c’è e rivelerà presto tutto il suo fulgore!




La Parola del Signore ha i suoi tempi … Fruttifica, feconda la terra, poi, piano piano, restituisce…


Se la meditiamo tutti i giorni, se la portiamo nel cuore, stiamo pur tranquilli che prima o poi porterà frutto, crescendo in noi …


A volte ascoltiamo la parola, ma non comprendiamo cosa dica… Dobbiamo imparare a meditarla e conoscerla, con semplicità e prima o poi, come la goccia che cade sulla pietra, riusciremo a viverla.


Noi siamo tanti terreni, non uno solo…I tre terreni convivono anche in noi! Ma il Signore non ha paura di spargere la Sua Parola ovunque, intorno a noi. E’ un Dio generoso, il nostro … Non abbandoniamo mai la Parola! Non scoraggiamoci! Accogliamola così come siamo, con costanza, fino a che produca frutto …



Mettiamoci in gioco, per rinascere a vita nuova nella Parola di Dio che crea e ricrea senza fine !


Ho sempre pensato di poter definire Maria “Donna della Parola” in quanto Madre del Verbo Incarnato. Ma conoscendola sempre di più credo che il suo essere la Donna della Parola sia anche in riferimento al suo cuore allenato a leggere, meditare, vivere la Parola talmente tanto che all’annunciazione lo Spirito Santo ha solo portato il Verbo dal cuore al grembo! Credo che a permettere un “Fiat”come il suo sia stata si la sua grande fede, ma anche una profonda conoscenza delle scritture, che sostenevano con altri esempi concreti l’impossibile che a Dio è possibile.



Chissà, forse a Zaccaria sfuggivano altri straordinari interventi di Dio portatore di Vita nel grembo di altre donne ma…a Maria no! E sarà stato grazie a questo che per Lei credere nell’adempimento delle Parole del Signore è stato più facile che a lui! Quanto sarà stato bello per Maria meditare in silenzio la storia sacra di Sara che, pur se scettica e avvizzita, non è riuscita ad impedire a Dio di portare a compimento la sua opera adempiendo fedelmente la promessa di un figlio:
<<Tornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio>> Intanto Sara stava ad ascoltare…rise dentro di sé e disse: <<Avvizzita come sono dovrei provare il piacere, mentre il mio signore è vecchio!>> Ma il Signore disse ad Abramo: <<Perché Sara ha riso dicendo: potrò davvero partorire, mentre sono vecchia? C’è forse qualcosa di impossibile per il Signore?>>… Il Signore visitò Sara, come aveva detto, e fece a Sara come aveva promesso. Sara concepì e partorì un figlio nella vecchiaia, nel tempo che Dio aveva fissato. Abramo chiamò Isacco il figlio che gli era nato, che Sara gli aveva partorito.
(Gen 18, 10-14 21, 1-3)



E quante volte avrà provato ad immaginare cosa si prova a vedere un angelo del Signore che ti parla in Suo nome, meditando l’annunzio della nascita di Sansone: <<C’era allora un uomo di Zorea di una famiglia dei Daniti, chiamato Manoach; sua moglie era sterile e non aveva mai partorito. L’angelo del Signore apparve a questa donna e le disse: <<Ecco tu sei sterile e non hai avuto figli ma concepirai e partorirai un figlio… Poi la donna partorì un figlio che chiamò Sansone>> (Gdc 13, 2-3 14)


E quanto deve aver meditato la storia di Anna e la sua la preghiera per arrivare a ispirarsi a lei nel cantare il Magnificat per le grandi cose fatte dall’Onnipotente, chinato a guardare l’umiltà di chi lo serve: <<Anna…fece questo voto: Signore degli eserciti, se vorrai considerare la miseria della tua schiava e ricordarti di me, se non dimenticherai la tua schiava e darai ala tua schiava un figlio maschio, io lo offrirò al Signore>>. ..ElKana si unì a sua moglie e il Signore si ricordò di lei. Così al finir dell’anno Anna concepì e partorì un figlio e lo chiamò Samuele.


Allora Anna pregò:
<<Il mio cuore esulta nel Signore la mia fronte s’innalza grazie al mio Dio.. Non c’è Santo come il Signore.. Il Signore rende povero e arricchisce, abbassa ed esalta..>>  (1 Sam 1,9-28 2,1-10)

E quanto avrà colpito il suo cuore la premura della donna Sunammita nei confronti di Eliseo e il modo straordinario con cui viene ripagata: <<Un giorno Eliseo passava per Sunem, ove c’era una donna facoltosa che l’invitò con insistenza a tavola…Eliseo disse al suo servo: <<Dille tu: Ecco hai avuto per noi tutta questa premura; che cosa possiamo fare per te?...Allora disse:<<L’anno prossimo, in questa stessa stagione, tu terrai in braccio un figlio>>…Ora la donna rimase incinta e partorì un figlio, proprio alla data indicata da Eliseo>> (2 Re 8-17)


Sarà per confermare la presenza nel cuore di Maria di tutte queste parole che all’annunciazione l’angelo le parla di ciò che stà accadendo ad Elisabetta: <<Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio>> Allora Maria disse: <<Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga per me quello che hai detto>> (Lc 1,36-38). Ecco la Fede che trova forza nella Parola! Ecco un “si” sostenuto dalla certezza che La Parola si fà carne davvero. Ecco un cuore abituato a meditare la Fedeltà di Dio nel realizzare ciò che promette.


Chiediamo allora a Maria  di renderci uomini e donne innamorati della Parola di Dio, certi che non solo ogni Sua Parola è Verità ma anche Vita in noi e attraverso di noi.


Chiediamo a Lei, che si è nutrita a tal punto del Verbo da diventarne nutrice, di fare della Parola il nostro pane quotidiano, capace di sfamare la fame del nostro cuore al punto da renderci pane per i cuori affamati di Verità di chi ci stà accanto.


Chiediamo a Lei la forza e il coraggio di vivere la Parola con radicalità ed eroismo, senza alcun compromesso, in quei momenti in cui viverla significa correre il rischio di...essere lapidati!



Chiediamo a Lei di insegnarci a proclamarla incarnandola al punto da non aver bisogno di parole.


Chiediamo a Lei, Donna della Parola eppure Donna del silenzio, di lasciare al Verbo di parlare in noi e attraverso di noi, chiedendole in dono un cuore docile come il suo!
Daniela Martucci
NUOVI ORIZZONTI