Salvaci, Signore, da questa confusione delle lingue. Più non sappiamo come parlare. Un’errata sapienza ha avvelenato tutte le culture.
E’ tale l’intrigo dei pensieri ormai che appena sentiamo parlare di pace subito pensiamo con paura alla guerra; e se uno interviene a gridare per la libertà, subito pensiamo che voglia imporci la schiavitù o costringerci quale gregge a subire i suoi piani. La torre di Babele ci pende sul capo ed è miracolo tuo se ancora non rovina.
Tutta l’Europa è un reticolato solo di diffidenze, la diplomazia ha ucciso ogni semplicità cui si aggiunge lo spirito di parte e gli orgogli personali e di nazioni intere.
Neppure nel recinto di gente della stessa riusciamo più ad intenderci. C’è tutta una chiesa del silenzio, dall’altra parte, e da questa è tutto un clamore a spese di quei poveri fratelli che muoiono in carcere o nei campi di deportazione. E certo il grido non sempre sgorga dall’amore che ci deve far piangere con chi piange. Qui si parla di persecuzioni perpetrate di là e poi si tace sull’uccisione e le torture dei villaggi ordite di qua, con gli stessi metodi e gli stessi fini.
Si afferma ogni giorno di volere il bene dei popoli e i popoli sono sempre più stanchi e delusi; ovattati nell’incoscienza per continuare a vivere.
Si dice di prepararci a incontri ad alti livelli e intanto ci volano sul capo squadriglie cariche di inimmaginabili ordigni di distruzione; e mai che si abbia visto nella storia una danza così meschina di rancore e di risentimento.
Perfino la tua chiesa è avvilita, fraintesa, oppressa; e ogni giorno qualcuno tenta di travolgerla in questi equivoci manomettendo la sua dignità e la sua missione. Oppressa da noi stessi per imprudenze e ingordige. E ogni giorno dobbiamo leggere una stampa che non rispetta nessuno. Perché noi abbiamo sempre ragione.
Perfino chi si dice figlio della chiesa, eccolo ora farsi un approfittatore delle situazioni: sacerdoti che si fanno ‘armeggioni’ del temporale, servi dei potenti anziché testimoni della Tua operante grazia nel tempo.
Signore, noi sappiamo che Tu non ci abbandoni, ma la paura è che siamo noi ad abbandonarTi e rompiamo con facilità i ponti con la Tua parola.
Se noi almeno ripetessimo i Tuoi messaggi così come suonano: come Tu ce li hai affidati; e se non pensassimo,almeno dagli altari, a non preoccuparci d’altro; e dicessimo solo: ‘Ecco, parola del Signore!’.
E distinguessimo le nostre opinioni dalla Tua verità per non soffocare nel caduco e soggettivo ciò che è Tua rivelazione eterna!
Signore, intervieni a restituire al linguaggio degli uomini semplciità e purezza e fiducia: il rispetto della parola, la distinzioe fra la Tua e le nostre parole ; la liberazione dalle rstrizioni mentali, l'umiltà di dire in carità quello che si pensa; e poi il coraggio di confessare tutti i prori errori. Perché solo Tu non pu oi sbagliare.
Allora saremo salvi da Babele. E continuerà ad essere il candelabro d’oro in cima all’alta montagna, tutto acceso dei tuoi dogmi consolatori.
Ritorni ad essere almeno l’Europa un paese dove, quando si parla, finalmente ci si intenda. Perché ognuno, precisamente, intenda quelle stesse cose di cui si parla; e non che sottintenda altre, né adatti a se stesso il mistero di quanto accade, ma adatti sé al mistero. Allora ritorneremo ad essere, anche se in molti modi, anzi ciascuno secondo la sua misura, veritieri e ‘veritanti nell’agape’.
Signore, non negarci questa grazia di restituirci a una interiore e fonda unità di linguaggio, alla fedeltà con le proprie parole, anzi alla coerenza con quanto andiamo gridando nelle piazze. Perché l’anima fonda e misteriosa della parola sei Tu setto, Verbo che si fa quotidianamente carne.
Grazie, o Signore.
David Maria Turoldo
Pregare ‘forse il discorso più urgente’
Nessun commento:
Posta un commento