• IN MANUS TUAS

    Vi darò buone notizie dal Paradiso

    Sono davvero tante, sono tante le cose che vorrei dire a tutti, sono tante! Ma una sola resta la più importante: In Manus Tuas, In Manus Tuas, In Manus Tuas! Sì, dite questo a tutti da parte mia: IN MANUS TUAS! E’ questa l’unica cosa importante: il pieno e completo abbandono alla volontà del Padre, sia quando a noi pare bella, sia quando a noi pare brutta, credere sempre che tutto è un dono squisitissimo e delicatissimo della tenerezza dell’Amore del padre per noi! In Manus Tuas, Domine, grazie Papà! E, un’altra cosa… l’ho sempre amato! Dite questo da parte mia. E un bacio nel Signore a tutti. + Salvatore Boccaccio vescovo

  • è tempo ora

    è tempo, ORA ...

    E' il tempo ora della nostra trasfigurazione... Tempo di girarci verso la Luce , perché la luce E' GIA' QUI! E' il Dio che portiamo dentro e che deve erompere dalla mia tenebra come il sole dalla notte, come il mistero erompe dalla creazione e a Pasqua rovescerà la pietra per dire che la notte è vinta per sempre! Un salmo esorta "Guardate a lui e sarete raggianti". Guardate a lui e non avrete più volti oscuri ...

  • esponiamoci alla sua luce

    esponiamoci alla Sua luce!

    E allora piantiamo la nostra tenda davanti a Cristo, esponiamoci alla Sua luce, abitiamola, godiamo di quella luce come la luna gode del sole. La luce non è nostra ma noi possiamo, come lune davanti al sole, assorbire la luce e poi irradiarla e diventare raggianti. Occhi lucenti, corpi luminoso, astri che a loro volta indicano il cammino ad altri. Così hanno fatto i discepoli, così ha fatto Maria icona splendente del nostro futuro… Padre ERMES RONCHI dei Servi di Maria.

  • Mater Misericordiae!

    Maria Madre della Tenda

    Madre di Gesù e madre nostra, prega per noi ora, affinché l’umanità si risvegli e decida veramente per la costruzione di una nuova civiltà dell’amore; Ti ascolti, Ti risponda e riponga in Te fiducia. Prega per noi, ora, affinché gli uomini si risveglino dal sonno della non vita e vengano a Te in un abbandono fiducioso per essere ricondotti a Gesù. Fa' splendere la tua luce, Madre, e mostraci la via della salvezza. Madre della Tenda, prega per noi

  • Con Chiara nei deserti della vita ...

    Con Chiara nei deserti della vita ...

    Desideriamo percorrere i ‘deserti’ del mondo e ascoltare il grido di chi non ha più voce, raccogliere il dolore di chi è disperato certi che anche le lacrime, raggiunte dal raggio dell’Amore, possono risplendere di Luce divina nel firmamento dell’eternità e trasformarsi in splendidi arcobaleni che illuminano le nostre città. Sempre Uniti nel portare la Rivoluzione del Vangelo in tutto il mondo - Chiara Amirante

  • Nella gioia del RISORTO!

    Nella gioia del RISORTO!

    L'annuncio cristiano dice: Dio si è fatto uomo, si è reso presenza umana, carnale, dentro la storia "Perché cercate tra i morti colui che è vivo?" Luca 24

  • Integer vitae nulla!

    Vorrei dirvi una cosa ...

    Non temete! Se Colui che E' da principio, non ha disdegnato questi sassi, non disprezzerà neppure i macigni del vostro povero cuore. Sappiate offrirglieli, perchè stabilisca in mezzo agli uomini il suo domicilio. E continuerà anche per il vostro SI, l'avventura della Redenzione DON TONINO BELLO...

  • Suspendisse neque tellus

    Nel deserto della mia vita, Signore ...

    hai voluto piantare la Tua tenda. Ogni giorno mi chiedo come sia possibile e nella carne risuona la Tua voce che viene a dirmi che non è opera mia. Tutto è veramente grazia, Signore, ed io voglio cantare la melodia della Tua infinta misericordia ...

  • Curabitur faucibus

    LA DIMORA DI DIO CON GLI UOMINI

    Udii allora una voce potente che usciva dal trono: «Ecco la dimora di Dio (la tenda) con gli uomini! Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno suo popolo ed egli sarà il "Dio-con-loro". E tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate» Apocalisse 21, 3-4

lunedì 11 luglio 2011

GLI AMICI DEL CENACOLO LA TENDA - S.ta Teresa del Bambin Gesù e del Volto Santo, Dottore della Chiesa - 2a parte



Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo davanti all’Eucaristia

don Diego Facchetti
1. Il dottore dell’Amore divino
Nata il 2/1/1873 ad Alençon, nona ed ultima figlia di Luigi Martin e Zelia Guérin (dei quali è in corso la causa di beatificazione), Teresa muore il 30/9/1897 nel Carmelo di Lisieux, dove è entrata nove anni prima, a 15 anni (9/4/1888). Nella sua breve vita si raccolgono esperienze profondissime: dalla scoperta della «piccola via» all’essere nel «cuore della Chiesa», dall’offerta all’Amore misericordioso alle «tenebre» nel cammino di fede, dall’amore per i peccatori e i sacerdoti al legame con i missionari[1]… Sarà canonizzata il 17/5/1925 e proclamata dottore della Chiesa il 19/10/1997.
La sua missione «di far amare il buon Dio come io lo amo, di dare la mia piccola via alle anime» (QG 17.7; OC 1028) passerà anche attraverso la testimonianza degli scritti, fonte insostituibile per la sua conoscenza. Una straordinaria diffusione conosce il libro Storia di un’anima, pubblicato nel 1898, in cui M. Agnese rifonde e rimaneggia i manoscritti autobiografici di Teresa[2]. Il lavoro per l’edizione critica porta nel 1956 alla pubblicazione dei Manoscritti autobiografici, così come sono usciti dalla penna di Teresa. Ad essi vanno aggiunti gli altri testi di Teresa (lettere; poesie; preghiere; Pie ricreazioni: i «pezzi» teatrali scritti per le Consorelle); le parole raccolte durante gli ultimi mesi di vita, edite criticamente negli Ultimi colloqui (documento più importante è il cd. Quaderno giallo di M. Agnese); i Consigli e Ricordi scritti da Sr Genoveffa (Celina).
Il suo messaggio è quanto mai attuale. Giovanni Paolo II afferma che Teresa è stata resa partecipe della «scienza dell’amore divino», che «la sua dottrina è insieme una confessione della fede della Chiesa, un’esperienza del mistero cristiano e una via alla santità», e che essa «è maestra per il nostro tempo, assetato di parole vive ed essenziali, di testimonianze eroiche e credibili»[3].
Il valore della sua esperienza emerge in particolare nella continua consapevolezza della presenza e dell’azione di Gesù. Anche solo ad un primo sguardo della sua vita e delle sue parole «si potrebbe dire che in Teresa di Lisieux tutto è cristologico» [4]. Il nome di Gesù è usato nei suoi scritti più di 1600 volte. La sua vita si svolge sotto il segno dell’amore di Gesù e per Gesù. Ricordando la sua fanciullezza, afferma: «Volevo amare, amare Gesù con passione» (Ms A 47v; OC 149). Ad uno dei «fratelli» missionari, a pochi mesi dalla morte scriverà: «In Cielo desidererò la stessa cosa che in terra: amare Gesù e farlo amare» (LT 220, 2r: Al rev. Bellière, 24/2/1897; OC 559). Inciderà persino nel legno della porta della sua cella la frase: «Gesù è il mio unico Amore»[5].
Al Carmelo chiede di potersi chiamare «suor Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo». Ella vivrà particolarmente questi due misteri.
La «concentrazione cristologica» basata sul realismo dell’Incarnazione non mette in ombra la lettura trinitaria dell’esistenza cristiana. Per Gesù, nello Spirito, Teresa giunge al Padre:
«Tu lo sai, Divino Gesù, ti amo!/ Lo Spirito d’Amore mi infiamma col suo fuoco.
È amando te che io attiro il Padre» (Viver d’Amore!...: P 17, 2; OC 667; nostra trad.).

2. Teresa e la Comunione
Lo spirito d’infanzia, che caratterizza il cammino spirituale di Teresa, si rivela in modo speciale nel suo atteggiamento verso l’Eucaristia[6].
Tra le pagine più rivelatrici del suo amore eucaristico troviamo quelle che raccontano la sua prima Comunione. A distanza di tempo Teresa scriverà:
«Il periodo della mia prima Comunione mi è rimasto impresso nel cuore, come un ricordo senza nubi. […] Gesù voleva farmi gustare una gioia tanto perfetta quanto è possibile in questa valle di lacrime» (Ms A 32v; OC 125).
Dopo i tre mesi di intensa preparazione, il giorno della prima Comunione (8/5/1884) è Gesù stesso a farle sentire il suo amore:
«Fu un bacio d’amore, mi sentivo amata, e perciò dicevo: ‘Ti amo, mi dò a te per sempre’ [...] Da molto tempo, Gesù e la povera piccola Teresa si erano guardati e si erano capiti... Quel giorno non era più uno sguardo, ma una fusione; non erano più due: Teresa era scomparsa, come la goccia d’acqua che si perde in seno all’oceano» (Ms A 35r; OC 129).
La gioia di questo incontro la porta alle lacrime, che saranno diversamente interpretate, ma che lei stessa spiega:
«Non capivano che, poiché tutta la gioia del Cielo si riversava in un cuore, quel cuore esiliato non poteva sopportarla senza spargere lacrime» (Ms A 35r; OC 129).
Nella sua prima comunione Teresa non si chiude in un intimismo dimentico dei fratelli: si ricorda infatti in quel giorno anche di un povero incontrato anni prima e che non era riuscita ad aiutare[7].
Le lacrime ritornano anche quando si prepara alla seconda Comunione, mentre ripete continuamente fra sé: «Non sono più io che vivo, è Gesù che vive in me!» (cfr. Gal 2, 20; Ms A 36r; OC 130). Il suo desiderio di ricevere l’Eucaristia aumenta sempre più (cfr. ib.).
In quel tempo non era in uso la Comunione frequente e non si poteva fare la Comunione senza il consenso del confessore[8]. Teresa obbedisce a questa prassi, senza chiedere di più. Tuttavia, più avanti nel tempo leggerà con un certo spirito critico questo suo silenzio, richiamando il valore della ricezione dell’Eucaristia. Afferma infatti:
[Gesù] «si donava Lui stesso a me nella S. Comunione più spesso di quanto avrei osato sperare. Avevo preso come regola di comportamento di fare, senza mancarne una sola, le comunioni che il confessore mi avrebbe permesso, ma di lasciare che ne stabilisse lui il numero senza mai domandarglielo. A quel tempo non avevo assolutamente l’audacia che possiedo ora, altrimenti avrei agito in modo diverso, perché sono sicurissima che un’anima deve dire al suo confessore l’attrazione che sente a ricevere il suo Dio. Non è per restare nel ciborio d’oro che Egli discende ogni giorno dal Cielo, ma per trovare un altro Cielo che gli è infinitamente più caro del primo: il Cielo della nostra anima, fatta a sua immagine, il tempio vivente dell’adorabile Trinità!» (Ms A 48v; OC 150).
La frequenza in seguito aumenta, ma anche nel Carmelo rimane il desiderio non sempre realizzato. Nell’Atto di offerta all’Amore misericordioso (9/6/1895) infatti Teresa confessa:
«Sento nel mio cuore desideri immensi ed è con fiducia che ti chiedo di venire a prendere possesso della mia anima. Ah, non posso ricevere la Santa Comunione tanto spesso come desidero!» (Pr 6, 1v/2r; OC 942).
In tale impossibilità si appella perciò alla potenza di Dio, domandandogli di rimanere in lei:
«Ma, Signore, non sei tu Onnipotente?... Resta in me, come nel tabernacolo: non allontanarti mai dalla tua piccola ostia!» (Pr 6, 1v/2r; OC 942).
Non manca un aspetto «mariano» nella recezione dell’Eucaristia: ricevendo la comunione, Teresa s’identifica con Maria che porta Gesù nel suo grembo:
«Come te possiedo in me l’Onnipotente/ […] Quando nel mio cuore discende la bianca Ostia,
crede di riposare in te Gesù, il tuo Dolce Agnello!» (Perché t’amo, Maria: P 54,5; OC 722; nostra trad.).


3. Fiducia e abbandono
In Teresa è salda le fede nella presenza eucaristica. Sin dall’infanzia essa esprime la sua adorazione all’Eucaristia: ogni pomeriggio, passeggiando col padre, compie la visita al Santissimo Sacramento (cfr. Ms A 14r; OC 97); si entusiasma per le feste:
«Amavo soprattutto le processioni del Santissimo Sacramento; che gioia spargere fiori sotto i passi del buon Dio!... ma prima di lasciarli cadere li lanciavo più in alto che potevo e non ero mai tanto felice come nel vedere le mie rose sfogliate toccare l’Ostensorio sacro…» (Ms A 17r; OC 101).
Si tratta di una presenza che ispira la fiducia e l’abbandono di cui è costituita la «via» di Teresa.
Alla cugina Maria Guérin, che si era astenuta dalla Comunione per degli scrupoli, scrive:
«Pensa […] che Gesù è lì nel tabernacolo proprio per te, per te sola, e brucia dal desiderio di entrare nel tuo cuore! Non ascoltare il demonio, burlati di lui e va’ senza paura a ricevere il Gesù della pace e dell’amore!» (LT 92, 1v: A Maria Guérin, 30/5/1889; OC 384).
Su un’immagine che rappresenta il Bambino Gesù nell’ostia scrive:
«Non posso temere un Dio che per me si è fatto così piccolo!… Io l’amo!... Infatti egli non è che amore e misericordia» (LT 266: Al rev. Maurizio Bellière [25/8/1897]; OC 606).
Teresa non si lascia fermare dall’aridità che l’accompagna frequentemente nel momento del ringraziamento[9]. Essa, anzi, cerca di comprenderne il senso:
«Non posso dire di aver ricevuto spesso delle consolazioni durante i ringraziamenti, è forse il momento in cui ne ho meno… Questo lo trovo del tutto naturale perché mi sono offerta a Gesù non come una persona che desidera ricevere la sua visita per propria consolazione, ma al contrario per il piacere di Colui che si dona a me» (Ms A 79v; OC 203).
Il legame fra Eucaristia e abbandono umile e confidente è così cantato verso la fine della vita:
«Mio dolce Sole di vita/ mio Amabile Re,/ la tua Ostia divina/ è piccola come me…
Il raggio luminoso/ della sua Celeste Fiamma/ fa nascere nella mia anima/ il perfetto Abbandono […]
Attendo in pace la gloria/ del soggiorno Celeste,/ perché trovo nel Ciborio/ il dolce frutto dell’Amore» (L’Abbandono è il frutto delizioso dell’Amore, 31/5/1897: P 52, 11. 12. 18; OC 719.720; nostra trad.).

4. Per fare della vita un’offerta
Nell’Eucaristia Gesù si fa «piccolo», viene ad abitare nel credente, lo unisce a sé e lo rende fecondo nell’apostolato, gli concede di «portare frutto».
«Il mio Cielo è nascosto nella piccola Ostia/ dove Gesù, mio Sposo, si vela per amore.
A questo Focolare Divino attingo la vita» (Questo è il mio Cielo!: P 32, 3; OC 690; nostra trad.).
Nella poesia Il mio Canto per Oggi, segnata dalla consapevolezza dello scorrere del tempo (cfr. l’inizio: «La mia vita non è che un istante, un’ora di passaggio. La mia vita non è che un solo giorno che svanisce e fugge»: P 5, 1; OC 626), e scandita dal ritornello: «Solo per oggi», scrive:
«Pane vivo, pane del Cielo, divina Eucaristia,/ o sacro Mistero! che l’Amore ha realizzato…
Vieni ad abitare il mio cuore, Gesù, mia bianca Ostia,/     solo per oggi.
Degnati che mi unisca a te, Vigna santa e sacra,/ ed il mio debole tralcio ti darà il suo frutto
e io potrò offrirti, Signore, un grappolo dorato/     già da quest’oggi» (P 5, 9-10; OC 627; nostra trad.).
Nella sua Preghiera a Gesù nel tabernacolo (16/7/1895), dopo aver manifestato la sua fiducia e la richiesta di guarigione, esprime la sua completa offerta:
«Ti offro tutti i battiti del mio cuore come altrettanti atti d’amore e di riparazione e li unisco ai tuoi meriti infiniti. Ti supplico, o mio Divino Sposo, di essere tu stesso il Riparatore della mia anima, di agire in me senza tener conto delle mie resistenze: insomma non voglio più avere altra volontà che la tua» (Pr 7; OC 944).
Teresa sa coniugare il sentimento della donazione totale nel silenzio, nel nascondimento con il desiderio missionario di «conquistare» anime in «grande numero»:
«Vivere d’Amore è vivere della tua vita,/ Re glorioso, delizia degli eletti.
Tu vivi per me, nascosto in un’ostia:/ io voglio nascondermi per te, Gesù!
Agli amanti occorre solitudine,/ un cuore a cuore che duri notte e giorno» (P 17, 3; OC 647; nostra trad.).
«Vorrei consumarmi nel santuario/ accanto al mio Dio,
e brillare sempre con mistero,/ come la Lampada del Luogo Santo…
Oh! gioia… Ho in me delle fiamme/ e posso conquistare ogni giorno
a Gesù un grande numero di anime/ incendiandole del suo amore» (I miei desideri presso Gesù nascosto nella sua Prigione d’Amore: P 25, 2; OC 678; nostra trad.).
Nell’Eucaristia Gesù continua a mostrare ed insegnare l’umiltà che ha vissuto nella sua esistenza terrena:
«Adesso è nell’Ostia che ti vedo portare al colmo il tuo annientamento. Quanta è la tua umiltà, o divino Re di Gloria, nel sottometterti a tutti i tuoi sacerdoti senza fare alcuna distinzione tra coloro che ti amano e coloro che, ahimé, sono tiepidi o freddi nel tuo servizio! Alla loro chiamata tu discendi dal cielo. Essi possono anticipare o ritardare l’ora del Santo Sacrificio; tu sei sempre pronto!» (Preghiera per ottenere l’Umiltà [composta il 16/7/1897 per suor Marta di Gesù, in occasione del suo trentaduesimo compleanno]: Pr 20, 181v; OC 952).
«O mio Amato, come mi appari dolce ed umile di cuore sotto il velo della bianca Ostia! Non puoi abbassarti di più per insegnarmi l’umiltà» (Pr 20, 183r; OC 952).

5. Teresa e il Cuore di Gesù
Sebbene non siano sempre rilevati, in S. Teresa sono frequenti i riferimenti al Cuore di Gesù. Teresa si distingue per la sua originale prospettiva nell’accostarsi a questo mistero. In una lettera alla sorella Celina presenta infatti il proprio rapporto come assai spontaneo e personale:
«Prega molto il Sacro Cuore. Tu lo sai: io non guardo al Sacro Cuore come tutti; penso che il cuore del mio sposo è solo mio, così come il mio appartiene solo a lui, e allora nella solitudine gli parlo di questo delizioso cuore a cuore, aspettando di contemplarlo un giorno a faccia a faccia!» (LT 122, a Celina, 14/10/1890; OC 421).
Teresa avverte il bisogno di sentire e pensare Gesù vicino a lei. Nella poesia Al Sacro Cuore di Gesù afferma:
«Io ho bisogno di un cuore ardente di tenerezza,/ che rimanga mio sostegno senza alcun ricambio,
che ami tutto in me, anche la mia debolezza…/ E non mi abbandoni mai, né giorno né notte.
Non ho potuto trovare alcuna creatura/ che mi amasse sempre, senza morire mai.
Io ho bisogno di un Dio che assuma la mia natura,
che diventi mio fratello e possa soffrire» (P 23, 4; OC 667-668; nostra trad.).
Teresa giunge a dire: «Il mio cuore è tuo… Il tuo Cuore è mio» (cfr. P 24, 8. 20; OC 671. 674).
Il Cuore è unito al Volto, a tutta la persona di Gesù che le appartiene:
«Io ho il tuo Cuore, il tuo Volto adorato,/ il tuo dolce sguardo che mi ha ferita;
ho il bacio della tua santa bocca./ Ti amo e non voglio niente di più,
Gesù» (Il cantico di Celina: P 18, 51; OC 657; nostra trad.).
È naturale il legame con l’Eucaristia:
«Per rapire il mio cuore, facendoti mortale/ Tu versasti il tuo sangue, mistero supremo!
E vivi ancora per me sull’altare» (P 23, 5; OC 690).
Nella conclusione del Ms C (da riconoscersi come uno dei vertici della spiritualità cristiana) Teresa richiama l’esempio della Maddalena:
«Poiché Gesù è risalito al Cielo, io posso seguirlo solo seguendo le tracce che ha lasciato, ma come sono luminose queste tracce, come sono profumate! Appena getto lo sguardo nel Santo Vangelo, subito respiro i profumi della vita di Gesù e so da che parte correre...
Non è al primo posto, ma all’ultimo che mi slancio, invece di farmi avanti con il fariseo, ripeto, piena di fiducia, l’umile preghiera del pubblicano, ma soprattutto imito il comportamento della Maddalena, la sua audacia stupefacente, o meglio amorosa, che affascina il Cuore di Gesù, seduce il mio.
Sì, lo sento, anche se avessi sulla coscienza tutti i peccati che si possono commettere, andrei, con il cuore spezzato dal pentimento, a gettarmi fra le braccia di Gesù, perché so quanto ami il figliol prodigo che ritorna a Lui» (Ms C, 36v-37r; OC 278-279).
Teresa vuole essere accanto, o meglio nel Cuore di Gesù, in questa vita e in quella eterna:
«Dopo l’esilio della terra, spero di venire a goderti nella Patria; ma non voglio ammassare meriti per il Cielo, voglio lavorare per il tuo solo Amore, con l’unico scopo di farti piacere, di consolare il tuo Sacro Cuore e di salvare anime che ti ameranno eternamente.
Alla sera di questa vita, comparirò davanti a te a mani vuote, perché non ti chiedo, Signore, di contare le mie opere. Tutte le nostre giustizie hanno macchie ai tuoi occhi. Voglio dunque rivestirmi della tua propria Giustizia e ricevere dal tuo Amore il possesso eterno di Te stesso» (Atto di offerta all’Amore misericordioso: Pr 6; OC 942-943 ad.; parz. cit. in C 2011).
Teresa ha consegnato tutto al Cuore di Dio ed in esso vuole «diritta» volare:
«Vivere d’amore è donare senza misura/ senza reclamare ricompensa quaggiù.
Ah! Io dono senza contare essendo ben certa/ che quando si ama non si calcola!...
Ho dato tutto al Cuore Divino traboccante di tenerezza…/ Corro leggera.
Non ho altro che la mia sola ricchezza: vivere d’Amore» (P 17, 5; OC 647; nostra trad.).
«La mia anima esiliata, lasciando questa vita,/ vorrebbe fare un atto di puro amore
e poi, volando al Cielo sua Patria,/ entrare nel tuo Cuore senza alcun indugio» (P 23, 8; OC 668; nostra trad.).


[1] Per una conoscenza dell’esperienza di Teresa cfr., tra gli altri: Aa.Vv., Nel dramma dell’incredulità con Teresa di Lisieux, Ancora, Milano 1997; G. Gaucher, Teresa Martin dopo la lettura critica dei suoi scritti, Paoline, Milano 19872 (probabilmente la migliore biografia); A. Sicari, La teologia di santa Teresa di Lisieux dottore della Chiesa, OCD-Jaca Book, Morena (RM)-Milano 1997; C. Vasciaveo (ed.), Teresa di Lisieux sorella nel dubbio e nella fede, Cantagalli, Siena 2002. Per una breve presentazione cfr. http://www.teologiaperlaicibs.org/figuredivita.htm.
[2] Si tratta di tre scritti d’ineguale lunghezza, composti a richiesta di tre persone diverse: M. Agnese di Gesù, la sorella Paolina divenuta priora (Ms A); la sorella maggiore Sr Maria del S. Cuore, alla quale racconta le grazie decisive del settembre 1896 (Ms B); M. Maria di Gonzaga, priora dei primi e degli ultimi anni della sua vita religiosa, che le ha richiesto nel giugno 1897 di proseguire il racconto autobiografico iniziato per M. Agnese (Ms C). Per questi, come per gli altri testi seguiamo l’ed. it.: S. Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo, Opere complete. Scritti e ultime parole, LEV-OCD, Città del Vaticano-Roma 1997 (cit. OC).
[3] Giovanni Paolo II, Lett. ap. Divini amoris scientia (19/10/1997), nn. 1. 7. 11: EV 16/1256. 1270. 1285.
[4] F.-M. Léthel, L’amore di Gesù. La cristologia di santa Teresa di Gesù Bambino, LEV, Città del Vaticano 1999, p. 61.
[5] Cfr. G. Gaucher, Teresa Martin…, cit., p. 185.
[6] Cfr. Vittore della Vergine, Nel cuore della Chiesa. Realismo spirituale di santa Teresa di Lisieux. Secondo i manoscritti autobiografici, Ancora-Post. Gen. OCD, Milano 19662, p. 66. Sul rapporto di Teresa con l’Eucaristia cfr. le due voci di V. Martínez Blat, Comunión e Eucaristía, in T. Alvarez - V. Martínez Blat (edd.), Diccionario de Santa Teresa de Lisieux, Editorial Monte Carmelo, Burgos 1997, pp. 139-143; 239-243.
[7] Ricordando quell’incontro, racconta: «Volevo donargli qualcosa che non potesse rifiutarmi, perché provavo per lui una grandissima compassione. Allora mi ricordai di aver sentito dire che il giorno della prima comunione si otteneva tutto quello che si domandava. Questo pensiero mi consolò e, benché avessi solo sei anni, mi dissi: ‘Pregherò per il mio povero il giorno della mia prima comunione’. Mantenni la promessa cinque anni dopo e spero che il Buon Dio abbia esaudito la preghiera che Egli mi aveva ispirato di rivolgerGli per una delle sue membra sofferenti» (Ms A 15r; OC 99).
[8] Teresa ottiene il permesso di comunicarsi in tutte le feste principali ed annota le sue Comunioni dalla prima (8/5/1884) all’anniversario della morte della mamma (28/8/1885): sono solo ventidue in questo spazio di tempo! [cfr. Note cronologiche (1884-1886); OC 1186-1187].
[9] Sulla preghiera di e con Teresa cfr. V. Sion, Cammino di preghiera con Teresa di Lisieux, Morcelliana, Brescia 1985; G. Gaucher, Prier à Lisieux avec Thérèse, DDB, Paris 1994.


Normandia . battello con l'immagine di Santa Teresina di Lisieux


Dall'«Autobiografia» di santa Teresa di Gesù Bambino (di Lisieux);
Manuscrits autobiographiques, Lisieux 1957, pp.227-229


Siccome le mie immense aspirazioni erano per me un martirio, mi rivolsi alle lettere di san Paolo, per trovarmi finalmente una risposta. Gli occhi mi caddero per caso sui capitoli 12 e 13 della prima lettera ai Corinzi, e lessi nel primo che tutti non possono essere al tempo stesso apostoli, profeti e dottori e che la Chiesa si compone di varie membra e che l'occhio non può essere contemporaneamente la mano. Una risposta certo chiara, ma non tale da appagare i miei desideri e di darmi la pace.
Continuai nella lettura e non mi perdetti d'animo. Trovai così una frase che mi diede sollievo: «Aspirate ai carismi più grandi. E io vi mostrerò una via migliore di tutte» (1 Cor 12, 31). L'Apostolo infatti dichiara che anche i carismi migliori sono un nulla senza la carità, e che questa medesima carità é la via più perfetta che conduce con sicurezza a Dio. Avevo trovato finalmente la pace.
Considerando il corpo mistico della Chiesa, non mi ritrovavo in nessuna delle membra che san Paolo aveva descritto, o meglio, volevo vedermi in tutte. La carità mi offrì il cardine della mia vocazione. Compresi che la Chiesa ha un corpo composto di varie membra, ma che in questo corpo non può mancare il membro necessario e più nobile. Compresi che la Chiesa ha un cuore, un cuore bruciato dall'amore. Capii che solo l'amore spinge all'azione le membra della Chiesa e che, spento questo amore, gli apostoli non avrebbero più annunziato il Vangelo, i martiri non avrebbero più versato il loro sangue. Compresi e conobbi che l'amore abbraccia in sé tutte le vocazioni, che l'amore é tutto, che si estende a tutti i tempi e a tutti i luoghi, in una parola, che l'amore é eterno.
Allora con somma gioia ed estasi dell'animo gridai: O Gesù, mio amore, ho trovato finalmente la mia vocazione. La mia vocazione é l'amore. Si, ho trovato il mio posto nella Chiesa, e questo posto me lo hai dato tu, o mio Dio.
Nel cuore della Chiesa, mia madre, io sarò l'amore ed in tal modo sarò tutto e il mio desiderio si tradurrà in realtà.          


Risponde al vero che i tempi non sono facili; è vero che la barca della Chiesa deve solcare acque tempestose, esposte ai venti di ideologie e di culture che, essendo antiumane, sono anche anticristiane. È vero che talune crepe negli aspetti storici umani possono fare penetrare all’interno della barca, come avvenne quando, al Lago di Genezareth, gli apostoli, spaventati e pieni di angoscia invocarono ad alta voce Cristo che sembrava dormire: Domine, salva nos quia perimus! (Mt 8, 25).

È vero. Ma al di sopra delle nostre angosce, al di sopra di tutti i nostri dubbi, al di sopra di tutte le nostre perplessità e timori, si leva una voce, "la" voce: "Perché avete paura, uomini di poca fede?" (Mt 8, 26): Tu es Petrus, et super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam et portae inferi non praevalebunt (Mt 16,18).

La nave di Pietro può trovarsi in acque agitate, ma le è assicurata l’assistenza divina: "semper fluctibus agitata, et semper victrix", come soleva dire, in un atto di fede, sant’Alfonso Maria de’Liguori.

Nostro Signore Gesù Cristo si trova all'interno della barca. Pietro, principio perpetuo e fondamento visibile dell’unità della Chiesa tiene il timone. La Vergine Immacolata continua, nella storia, a schiacciare la testa del serpente diabolico fino alla consumazione dei tempi.

Questa è la fede che vince il mondo, questa è la fede che ci gloriamo di professare!

Card. Dario Castrillòn Hoyos








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