PIU’ FORTE DELLA MORTE E’ L'AMORE
A piccoli passi, con abbandono fiducioso, lasciandoci condurre … durante il cammino abbiamo fatto cinque tappe: nel DESERTO, sul MONTE, presso il POZZO, vicino alla PISCINA, davanti al SEPOLCRO di Lazzaro ….
Marta, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo». Gv 11,3-7.17.20 |
L'immensità ci invita, l'infinito ci attende
e noi ... oseremo mettere limiti
alla nostra speranza?
La speranza è un cammino che si fonda unicamente
sull'amore del Signore e non su certezze umane ...
Quando, nella quinta domenica, ci viene proclamata la risurrezione di Lazzaro, siamo messi di fronte al mistero ultimo della nostra esistenza: “Io sono la risurrezione e la vita… Credi questo?” (Gv 11,25-26). Per la comunità cristiana è il momento di riporre con sincerità, insieme a Marta, tutta la speranza in Gesù di Nazareth: “Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo” (v. 27). La comunione con Cristo in questa vita ci prepara a superare il confine della morte, per vivere senza fine in Lui. La fede nella risurrezione dei morti e la speranza della vita eterna aprono il nostro sguardo al senso ultimo della nostra esistenza: Dio ha creato l’uomo per la risurrezione e per la vita, e questa verità dona la dimensione autentica e definitiva alla storia degli uomini, alla loro esistenza personale e al loro vivere sociale, alla cultura, alla politica, all’economia. Privo della luce della fede l’universo intero finisce rinchiuso dentro un sepolcro senza futuro, senza speranza.
Messaggio del Santo Padre per la Quaresima 2011 - “Con Cristo siete sepolti nel Battesimo, con lui siete anche risorti” (cfr Col 2,12)
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Gesù parla al presente: Io sono, e incide due parole tra le più importanti del Vangelo: Io sono la risurrezione e la vita. Come alla samaritana è ancora a una donna che Gesù regala parole che sono al centro di tutta la fede: Io ci sono e sono la vita! Sono colui che adesso, qui, fa rinascere e ripartire da tutte le cadute, gli inverni, gli abbandoni. Notiamo la successione delle due parole «Io sono la Risurrezione e la vita». Prima viene la Risurrezione, poi la vita, e non viceversa. Risurrezione è un'esperienza che interessa prima di tutto il nostro presente e non solo il nostro futuro. A risorgere sono chiamati i vivi, noi, prima che i morti: a svegliarci e rialzarci da tutte le vite spente e immobili, addormentate e inutili; a fare cose che rimangano per sempre: Da morti che eravamo ci ha fatti rivivere con Cristo, con lui risuscitati (Efesini 2,5-6).
La vita avanza di risurrezione in risurrezione, verso l'uomo nuovo, verso la statura di Cristo, verso la sua misura. O uomo prendi coscienza della tua dignità regale, Dio in te... (Gregorio di Nissa), che ti trasforma, e fa la vita più salda, amorevole, generosa, sorridente, creativa, libera. Eterna. Che rotola armoniosa nelle mani di Dio. Gesù si commosse profondamente e scoppiò in pianto. Dissero allora: guarda come lo amava! Piange e le sue lacrime sono la sua dichiarazione d'amore a Lazzaro e alle sorelle. Dio piange e piange per me: sono io Lazzaro, io sono l'amico, malato e amato, che Gesù non accetta gli sia strappato via. Dalle lacrime di Dio impariamo il cuore di Dio. Il perché della nostra risurrezione sta in questo amore fino al pianto. Risorgiamo adesso, risorgeremo dopo la morte, perché amati. Il vero nemico della morte non è la vita ma l'amore. Forte come la morte è l'amore, dice il Cantico. Ma l'amore di Dio è più forte della morte. Se il nome di Dio è amore, allora il suo nome è anche Risurrezione.
Lazzaro, vieni fuori! Liberatelo e lasciatelo andare. Tre parole per risorgere, tre ordini che risuonano per me: esci, lìberati e vai. Con passo libero e glorioso, per sentieri nel sole, in un mondo abitato ormai dalla più alta speranza.
Qualcuno è più forte della morte!
Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nella terra d’Israele.
Riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi farò uscire dai vostri sepolcri, o popolo mio.
Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete; vi farò riposare nella vostra terra. Saprete che io sono il Signore.
L’ho detto e lo farò»
Ezechiele 37, 12-14
Il racconto della resurrezione di Lazzaro è come un complesso quadro dove domande, pianti, attese, disperazioni, dubbi, filosofie, cammini, ritardi, si intersecano in un crocevia narrativo. Ma c’è un silenzio che salta subito all’attenzione di chi legge bene il testo. E’ il silenzio di Lazzaro. Eppure è di lui che si parla. E’ lui l’oggetto del contendere. Ma Lazzaro tace. Non c’è la registrazione di una sola parola, neppure il grazie dopo la resurrezione. C’è qualcun altro che parla per lui: le sorelle.
Lazzaro rappresenta quello stato tremendo dell’animo umano, quando chi soffre, chi vive una difficoltà, arriva a un punto di non ritorno, di morte. Non ha più parole, più speranze, più desideri da domandare. Non prega più, non chiede più, non si aspetta più nulla. Eppure, nonostante a volte le circostanze assomiglino a sepolcri sigillati e irreversibili, c’è qualcosa che può cambiare tutto: è l’ INTERCESSIONE di chi ci vuole bene. Infatti sono le sorelle di Lazzaro a domandare a Gesù qualcosa, e la loro insistenza ottiene un capovolgimento totale della realtà. Il cristianesimo è riassunto nell’azione di queste donne.
Il cristianesimo non è solo una salvezza personale, è innanzitutto un “chiedere anche per gli altri”, per chi non chiede più, per chi non si aspetta più niente, per chi non crede più in niente.
Intercedere è una delicatezza che dovremmo imparare tutti. Solo così molti sepolcri torneranno vuoti, e molti “morti” torneranno a vivere e a gustare cosa significa esistere.
Credere è un’azione fatta anche (e forse sopratutto) in funzione degli altri. Non si crede solo per se stessi. Il mondo ha bisogno di intercessione. I Lazzaro della storia attendono che qualcuno prenda a cuore la “loro morte” e domandino a Gesù di tornare a provare compassione, di scoperchiare le pietre sigillate di certe tombe e gridare ancora una volta il verbo di movimento più del vangelo: “vieni fuori”.
DON LUIGI MARIA EPICOCO
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